Il Genocidio di Khojaly

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257026990_640Oggi la Repubblica dell’Azerbaigian ricorda un evento molto doloroso della sua storia recente: il genocidio di Khojaly.
Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, le forze armate armene attaccavano la città di Khojaly, in Azerbaigian, commettendo uno dei genocidi più orribili del 20° secolo. Di grande attualità, oggi, ricordare le radici del conflitto del Nagorno-Karabakh, che risale agli inizi del 19° secolo. Nel 1828, dopo una guerra di lunga durata tra la Russia e la Persia, l’Azerbaigian venne diviso in due parti. La parte settentrionale divenne parte della Russia, la parte meridionale territorio persiano. Secondo un trattato firmato da Russia, Turchia e Persia, la Russia trasferì da questi paesi al territorio del Nagorno-Karabakh 120.000 armeni, al fine di creare una roccaforte nei territori dell’Azerbaigian appena occupati.
Dopo la rivoluzione russa, il 28 maggio 1918, l’Azerbaigian del Nord ottenne l’indipendenza dalla Russia, e, con la denominazione di Repubblica Democratica dell’Azerbaigian, venne riconosciuto da molti paesi dell’Europa. L’indipendenza durò solo quasi 2 anni a causa di una nuova invasione russa, comunista.
Dopo la riconquista dell’Azerbaigian da parte dell’Armata Rossa e la sua incorporazione nell’Unione Sovietica, al Nagorno-Karabakh venne concesso un elevato grado di autonomia all’interno dell’Azerbaigian. Il popolo armeno nel Nagorno-Karabakh godeva di tutti i diritti delle minoranze, che potevano coltivare la loro lingua e cultura attraverso numerose scuole, teatri, università, chiese ecc.
Nel 1988, con l’URSS in declino, diversi movimenti ultra nazionalisti armeni promuovevano pretese territoriali contro l’Azerbaigian, chiedendo l’annessione del Nagorno-Karabakh all’Armenia. Da qui l’inizio di una guerra non dichiarata dell’Armenia contro il paese confinante. L’obiettivo dell’Armenia era espandere il suo territorio, con l’occupazione dei territori dell’Azerbaigian, e realizzare così l’idea di una “Grande Armenia”. 250.000 azeri, che da diversi secoli vivevano in Armenia, vennero deportati. Nel corso della politica di intimidazione da parte dell’Armenia molti azeri persero la vita. Ciò avvenne, tragicamente, anche a Khojaly.
Piccola città nel Nagorno-Karabakh, a 14 km a nordest dal capoluogo Khankendi, con una superficie totale di 94 chilometri quadri (km2), Khojaly aveva una popolazione, prima del genocidio, di 6.300 abitanti.
Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, gli armeni assaltarono la città. La popolazione cercò la fuga tra la neve, costretta ad abbandonare ciò che gli apparteneva, sotto i colpi delle forze armate armene. Nessuno fu risparmiato dalla milizia, o dal ghiaccio.
Khojaly venne saccheggiata e poi rasa al suolo.
Il resoconto delle vittime del massacro è di 613 persone, tra cui 106 donne, 83 bambini e 70 anziani; 56 persone vennero uccise con particolare crudeltà: bruciati vivi, decapitati; privati di occhi e orecchie prima dell’uccisione. Cruenti atti di violenza che non risparmiarono una donna in attesa di un bambino. Quasi tutte le donne e le bambine furono violentate e poi uccise. Otto famiglie totalmente sterminate. 25 bambini persero entrambi i genitori e 130 bambini un genitore. Come conseguenza di questa tragedia, 487 persone furono rese invalide. 1275 civili, incluse donne e bambini, vennero catturati e subirono violenze, umiliazioni, gravi ferite fisiche, durante la loro prigionia. Tra questi, 150 prigionieri sono spariti senza lasciare nessuna traccia.
L’organizzazione per i diritti umani “Human Rights Watch”, descrive questo massacro come “il più grande e orribile massacro del conflitto”. I giornali più famosi, come The Boston Globe, The New York Times, The Sunday Times, The Times, Time, Reuters, BBC, Newsweek, The Washington Post, The Independent ed altri numerosi organi di stampa internazionale parlano di questo “orribile massacro” contro gli azeri.
Ancora oggi le autorità armene respingono le loro responsabilità nel genocidio.

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